il Portico 2021 – Meeting della cultura

LA CULTURA È L’ETHOS DI UN POPOLO

SE IL POPOLO PERDE LA PROPRIA CULTURA PERDE LA PROPRIA ANIMA

Da sempre definiamo l’uomo come un essere sociale, ma essere dentro una società significa essere parte di un popolo, che si riconosce unito a partire dalle esperienze e dalle riflessioni che nel tempo vanno a costituire la cultura stessa di quel popolo.

Nella storia i popoli si identificano proprio a partire dal patrimonio culturale che li caratterizza e che fonda la loro identità, nella scoperta di valori comuni. Questi sistemi di valori costituiscono l’etica di un popolo, il suo ethos, la sua anima.

Dall’umanità emergono così le culture che nelle loro complementarietà mostrano il volto umano nella sua complessità. Ogni popolo a partire dalla propria cultura, se pienamente umana, risponde alla chiamata universale all’essere totalmente umano.

Ma con la contemporaneità è presente il rischio di una dimenticanza e di una omologazione a scapito della sapienza dei popoli che rischia di annientare o azzerare lo specifico percorso di ogni identità culturale e con essa l’ethos, l’anima di essi.

Il desiderio per la nostra esperienza di Meeting della cultura, che da quest’anno assume il titolo nuovo di “Il Portico”, luogo che ricorda l’opera C. Péguy sulla virtù della speranza (Il portico del mistero della seconda virtù), ha il desiderio di valorizzazione della ricchezza che sorge dal custodire e promuovere la cultura popolare.

Tre aree per quest’anno mostrano questa sapienza:

  • la cultura che viene dalla terra ed ai suoi ritmi naturali capaci di ridare all’uomo l’identità di amministratore dei beni di Dio;
  • la cultura della comunicazione e dell’annuncio, che attraverso la tecnologia e l’ informazione riscoprono e rinnovano la loro radice culturale ;
  • la solidarietà tra i popoli e in particolare verso quelle esperienze umane che vivono il limite della violazione o privazione delle libertà o di persecuzione.

Dentro questo panorama l’esperienza cristiana, a partire dal mistero dell’incarnazione di Cristo, conosce la capacità e la missione che viene dal Vangelo a divenire cultura convocando un popolo nuovo che ha come prototipo e aggregante l’azione dello Spirito.

In tale esperienza

il Vangelo feconda le energie morali e religiose e apporta un contributo originale allo stabilimento di una cultura, di una civiltà fondata sul primato dello spirito, della giustizia e dell’amore. (Giovanni Paolo II, 2.VI.1982)

Quello che permette a un atteggiamento o a un’azione di divenire ethos non è dunque il suo legame con l’istante, ma il suo legame con l’infinito e con il destino totale e salvifico dell’umanità per cui ogni riflesso di una cultura pienamente umana è riflesso del trascendente e non può essere appiattito in modo materialista come il volto di ogni uomo non è solo la sua manifestazione, ma è anche immagine e somiglianza del suo creatore (Gn 1,26).

È il legame con il trascendente che fa di un contenuto cultura. Per questo ogni popolo che perde la propria cultura rischia di perdere la propria anima.

E, se la cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo, è in gioco, in essa, lo stesso destino dell’uomo. (Giovanni Paolo II, 20.V.1982)

Per questo si rende quanto mai urgente e necessario un lavoro di custodia e promozione della cultura, perché in essa si trasmetta il valore universale, inalienabile e trascendente dell’uomo.